Perché la vittoria di Trump è diventata un po' più probabile
Nei sondaggi c'è un miglioramento di Trump, ma tutto può ancora cambiare.
Mancano 13 giorni alle elezioni negli Stati Uniti e ad oggi l'ex presidente Donald Trump ha il 54 per cento di probabilità di vittoria. I tre modelli predittivi sulle elezioni americane sviluppati da Nate Silver, FiveThirtyEight e dall'Economist gli danno una probabilità che va dal 52 al 56 per cento. Si tratta di un miglioramento medio di circa dieci punti rispetto all’inizio del mese.
Cosa sta succedendo nei sondaggi
Come abbiamo visto due settimane fa gli Stati chiave a queste elezioni sono sette: Michigan, Wisconsin, Pennsylvania, Georgia, North Carolina, Arizona e Nevada. Kamala Harris per vincere ha bisogno dei primi tre: gli Stati del Midwest la porterebbero a 270 grandi elettori, il numero magico per diventare presidente.
Il problema per Harris è che perderne uno solo senza compensare con altri le costerebbe la presidenza. Ad oggi secondo la media di 538, Harris è avanti di 0,4 punti in Wisconsin, di 0,2 in Michigan e di 0,1 in Nevada. Ma è indietro di 0,4 punti rispetto a Trump in Pennsylvania. L'ex presidente è avanti anche di 0,9 punti in North Carolina, di 1,6 in Georgia e di 1,9 in Arizona. In questa situazione Donald Trump vincerebbe le elezioni con 281 voti elettorali. La Pennsylvania sarebbe lo Stato che decide le elezioni.
Perché sta succedendo
Capire perché sta accadendo è difficile. I dati sulla popolarità dei candidati però ci dicono che la visione degli americani di Harris sta peggiorando. Basandoci sempre sulla media di 538 vediamo che Harris a luglio aveva una popolarità netta (opinioni positive meno opinioni negative) pari a -16 punti percentuali. A seguito della candidatura era salita fino ad arrivare ad essere positiva di quasi 2 punti, ma da fine settembre è di nuovo in calo ed è tornata a essere negativa, cosa che implica che ci sono più americani con un'opinione negativa di quanti ne abbiano una positiva.
Questo può essere in parte dovuto alla scarsa campagna elettorale portata avanti da Harris dopo il dibattito con Trump. La vicepresidente è in parte sparita e non è stata in grado di catturare l'attenzione mediatica. Due settimane fa la campagna Harris ha cercato di correre ai ripari e la vicepresidente ha iniziato a rilasciare moltissime interviste, tra cui una anche al canale conservatore Fox News.
Allo stesso tempo Harris ha cambiato strategia comunicativa. Ora si concentra molto sul pericolo che Trump rappresenterebbe con un secondo mandato da presidente. Anche se alcuni potrebbero pensare che sia una buona strategia, non è detto che lo sia (e generalmente quando andiamo a intuito non siamo bravi nel prevedere quali messaggi sono persuasivi e quali no). Uno studio di agosto aveva testato 76 messaggi diversi su un campione di 100 mila americani e diceva che Harris avrebbe dovuto concentrarsi su opposizione ai tagli alla social security, Medicare e temi propositivi. Gli attacchi a Trump erano il tema che spostava meno voti. Un altro studio Blueprint aveva evidenziato che per difendersi dagli attacchi Repubblicani, Harris non dovrebbe dire che mentono o attaccarli, ma concentrarsi sulle sue proposte politiche e su quanto ottenuto durante la presidenza Biden.
Harris può ancora recuperare?
La prima cosa da dire è che non è detto che i sondaggi siano corretti. Potrebbero star sottovalutando Trump (come successo nel 2020) e allora Harris non avrebbe possibilità, così come il contrario (come alle elezioni di metà mandato del 2022). Prevedere la direzione dell'errore non è possibile.
Allo stesso tempo, se guardiamo all'evoluzione dei sondaggi a livello nazionale1, vediamo che negli ultimi quindici giorni di campagna elettorale possono esserci diversi movimenti nei sondaggi. Nel 2016 e 2020 ad esempio si assistette a un importante aumento di consensi per Donald Trump, mentre nel 2012 a uno di Barack Obama e nel 2004 a uno all'ultimissimo momento di John Kerry. Ci sono però anche i casi del 2000 e del 2008 con pochi movimenti.
La maggiore polarizzazione che affligge gli Stati Uniti fa sì che i sondaggi siano meno movimentati che in passato. La linea nera del 2024 nel grafico è infatti quasi piatta con pochi movimenti, solo ora ha iniziato a vedersi un calo. Con margini così ridotti negli Stati chiave anche piccoli movimenti possono portare però a esiti elettorali completamente diversi. La vittoria di Trump è diventata un po' più probabile, ma continua ad esserci moltissima incertezza.
Idealmente bisognerebbe guardare i sondaggi statali, ma per un confronto con il passato è più semplice guardare all’aggregato, anche perché gli Stati chiave nel tempo cambiano.